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I NOSTRI "ISMI"
ven 11 giu, 2021

 

Per lo più con tono negativo o spregiativo, parola formata col suffisso -ismo, con riferimento a movimento, tendenza, indirizzo, spec. in campo culturale e artistico, caratterizzati da artificiosità, inconsistenza o labilità” (Treccani vocabolario on line).

Dopo 16 mesi da Codogno vi propongo un confronto ardito. Chi ne esce (o ne uscirà) meglio fra scienza e politica?

Dall’identificazione del genoma virale, nelle prime settimane del 2020, i ricercatori di tutto il mondo hanno messo in comune i dati. La collaborazione planetaria ha portato ad avere in tempi inimmaginabili, e che nessuno aveva previsto, vaccini efficaci e sicuri. Breve parentesi: sono sempre più numerosi gli esperti che lanciano inviti alla precauzione nell’utilizzo dei vaccini a vettore virale nei giovani e negli adolescenti dove il rapporto rischio-beneficio, considerando l’attuale livello di circolazione virale, non è favorevole, tanto che si parla di un prossimo provvedimento ministeriale che speriamo sia già stato preso quando pubblicheremo queste note.

Abbiamo vissuto e viviamo una sorta di solidarietà scientifica di cui siamo tutti contenti, ma la vera questione è se questo sforzo comune persisterà oltre il COVID. Certamente se non diventeranno realtà le promesse di seri investimenti sulla ricerca la partita è persa in partenza. Affronteremo con lo stesso spirito le grandi sfide che permangono? Dalla prevenzione, all’AIDS, alle neoplasie, alle malattie neurodegenerative e psichiatriche, alle malattie rare. Insomma, la medicina tutta per cui la ricerca è essenziale. Manterremo quella attenzione all’ecosistema che in questi mesi abbiamo ritrovato nelle analisi e contribuiti delle grandi riviste scientifiche? Attenzione alla relazione fra crisi ambientale e malattie da cui probabilmente non è estranea la diffusione anche di SARS-COV-2. Abbiamo letto articoli, sostenuti da dati solidi, sempre sulle nostre riviste, di quanto sia stata devastante la pandemia sull’esasperazione delle diseguaglianze socioeconomiche che già caratterizzavano la nostra epoca prima del COVID. La “Sindemia” riproposta da The Lancet qualche mese fa è un concetto che, ovviamente, va oltre le malattie infettive.

Non vi è stato nessun nazionalismo scientifico e quindi speriamo.

È facile e redditizio arruolarsi nella schiera dei critici della politica. COVID ci ha trovato tutti impreparati. Sono stati commessi errori. Si son fatte e si stanno facendo cose buone e meno buone, si pensi ai localismi ed alle condotte frammentarie e spesso contradditorie, ma il sistema ha retto, e la campagna vaccinale funziona. Il rischio “ragionato”, che vi confesso quando annunciato mi ha spaventato considerando i dati, non ha determinato il costo che molti, me compreso, preventivavano. E se pure è tedioso ripeterlo dobbiamo, proprio ora che la situazione è migliorata, mantenere tutte le precauzioni che conosciamo. La politica deve decidere non solo in base ai parametri epidemiologici ed alle indicazioni degli esperti, ma considerando i vari e severi disagi: sociali, economici e non ultimi psicologici. La politica deve decidere quindi fra varie ed interferenti condizioni. Ma COVID 19, in questi mesi di dubbi, di tentennamenti spesso inevitabili perché insiti nella nuova e sconosciuta entità, ha prodotto certezze granitiche. Il Sistema Sanitario Nazionale è insostituibile. Va rifinanziato ed abbiamo la grande occasione del PNRR. Va riorganizzato partendo dal territorio. Solo con cure primarie di qualità, in una vera articolazione con il sociale e l’ospedale, come diciamo da anni partendo dalle evidenze concordi della letteratura, il nostro sistema solidale ed universale rimarrà sostenibile. Qualità vuol dire: dignità ed ascolto di chi ci lavora, risorse umane adeguate, tecnologia e digitalizzazione. Non ci rimetterà solo la politica se la svolta non sarà così radicale ma perderemo tutti.

Questo orientamento fondato sull'esperienza maturata non dovrebbe dare spazio nel dibattito politico alla strumentalità di parte, in spregio dei contenuti, già oggi intollerabile.

Abbiamo riscoperto l’Europa, anche essa non scevra di errori, ma questo neo-europeismo è un ismo buono. Anche qui la domanda: persisterà?

La campagna vaccinale procede e ci avviniamo allo zoccolo duro degli esitanti e del negazionismo. Sono costretto, con assoluta controvoglia, a parlare di quest’ultimo. Non intendo aprire un dibattito e non ho un complesso di sufficienza, tanto più che le poche volte che mi sonno avventurato in queste diatribe ho percepito dall’altra parte, quando andava bene, un vero e proprio compatimento (?) nei miei confronti. “Noi abbiamo i dati che voi non rendete noti…i vaccini sono sperimentali… etc.”. Va bene, speriamo che siano pochi.

Ma su una situazione dobbiamo essere assolutamente chiari e netti. Per i medici, fatto salvo documentate ragioni di salute, vaccinarsi non è solo un obbligo previsto dalla legge, ma un dovere deontologico “primario” non negoziabile.

Abbiamo invece un vasto campo cui dobbiamo dedicare il nostro impegno; parlo degli esitanti, degli incerti, degli indecisi. L’astensionismo.  Tutti sappiamo che ci vorrebbe un‘informazione pubblica basata su dati scientifici, chiara, comprensibile, che ammetta anche gli errori di fronte ad una pandemia che ha un precedente storico lontano un secolo fa, in un’altra epoca. Ma non basta. Tutti noi dovremmo dare un contributo per quanto possibile basato sulla letteratura comprese le incertezze. È difficile, lo so. La tentazione di dire la propria basandosi sulle emozioni che questo tempo suscita è forte, ma le parole del medico, checché se ne dica, contano e devono essere quindi responsabili. In termini semplici dobbiamo riconquistare quello che era il patrimonio che un tempo ci caratterizzava e che in parte si è eroso: la fiducia di chi a noi si affida. Fiducia, che altro non è che lo specchio della dedizione al nostro lavoro, e la “spinta gentile” (Thaler e Sunstein, Nudge, La spinta gentile). Lo specifico della spinta gentile è di rendere facili le migliori decisioni. Non obbligandole, in modo illiberale; ma creando percorsi che, senza togliere la libertà, le rendono più agevoli e preferenziali (Sandro Spinsanti, Salute Internazionale.it 7 Giugno 2021). Noi facciamo parte, certo non da soli, di questi percorsi.

All’inizio, è inutile negarlo, abbiamo condiviso, più o meno tutti, il nazionalismo vaccinale. Avevamo paura e la paura promuove gli egoismi. Ma il nazionalismo vaccinale è miope, quasi cieco. Il virus non ha bisogno del green pass per passare i confini magari sotto le spoglie di una nuova variante.

Per dovere, o forse anche per esorcizzare questa cappa che ci opprime abbiamo avviato molte discussioni al nostro interno (formazione e cultura, discussione sulla riforma della legge 23, etica, pari opportunità, medicina genere specifica etc.) che si tradurranno in prossime iniziative, ma è altrettanto doveroso continuare a parlare del COVID e del post COVID cui dedicheremo gran parte del numero, sperando sia l’ultimo sul tema, della nostra rivista, in uscita fra qualche settimana.

Già il post COVID. Come sarà?

Ho l’illusione che la pandemia abbia rinverdito, rese ancor più vitali, due caratteristiche proprie del nostro lavoro: la cognizione del dolore e il vivere in armonia con gli altri (parole non mie). Queste sono le categorie cui dovrebbe tendere un buon medico, ma non credete che valga per tutti?
                                                                                             
Un caro saluto.
Il Presidente: Dott. Ottavio Di Stefano