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Il lago dei cigni
mar 24 mag, 2022

 

Il lago tranquillo, azzurro in cui lo sguardo e la mente trovano tregua. Capita di vedere coppie di cigni bianchi, belli e regali.

Nel famoso balletto sono fanciulle vittime di un sortilegio. Cigni di giorno e donne di notte. Pur nelle varie versioni, l’amore contrastato della più bella delle fanciulle – cigno ha come epilogo la fine dell’incantesimo e la vittoria dell’amore. Quindi il cigno nero, che compare ad un certo punto, è sconfitto, umiliato.

Prima della pandemia e della guerra noi europei ci illudevamo di vivere l’epoca felice dei cigni bianchi. Era ed è un’illusione. Gli anni recenti sono costellati da cigni neri - evento raro, imprevedibile e inaspettato anche dagli osservatori più esperti con un forte impatto sull'andamento della storia - ma erano lontani, poco più di una notizia al telegiornale e, nella migliore delle ipotesi, un momento di riflessione.

Noi europei, noi del primo mondo ci illudevamo.

Illusi dalle conquiste della medicina sulle malattie infettive.

Illusi da più di settant’anni senza guerra per cui la pace era scontata, irreversibile.

Ed ecco nel febbraio 2020 e nel febbraio 2022 il lago si è fatto scuro, ostile, ed ora due cigni neri dominano il quadro.
“Cosa collega questa guerra europea a una pandemia globale? Una parola: sicurezza” (Richard Horton, The lancet.com Vol. 399 March 5, 2022).

Siamo smarriti, dubbiosi, incerti. Il mondo in due anni e poco più ci appare del tutto insicuro.

Cosa dire della guerra dalla nostra prospettiva? La risposta è semplice, quasi ingenua. Per chi ogni giorno con il lavoro umile cerca di salvaguardare “la meraviglia tra la nascita e la morte” e dopo tanto impegno, spesso, con pochi risultati, è quasi insopportabile vedere morire donne, uomini, bambini per niente.

La guerra, oltre al dramma di chi muore oggi, porterà con sé conseguenze decennali sulla salute degli ucraini ed ancora chi sta già male starà ancora peggio. Il terzo mondo rischia una carestia alimentare. La transizione ecologica subirà, se va bene, un rallentamento. Oggi, in questa sera di maggio, intanto il termometro segna 30°.

Il virus, come sempre in questa stagione, perde potenza ed abbiamo ancora la protezione, checché se ne dica, del vaccino, per i tanti che l’hanno fatto. Passano i mesi, gli anni e non trovo alcuna spiegazione medica ed etica al negazionismo vaccinale. E se si può cercare di comprendere, in certi casi, l’esitazione della gente, è davvero incomprensibile ogni resistenza di chi possiede o dovrebbe possedere proprio il ragionamento clinico basato sul metodo scientifico. E intanto, unica situazione in Europa, è affidata agli Ordini professionali la verifica dell’assolvimento dell’obbligo vaccinale degli iscritti seguendo mere norme e circolari. Rimangono sullo sfondo aspetti deontologici, ben più profondi, che attengono ad atteggiamenti, che spero di pochi, di proselitismo anti-vaccinale. Nessuna generalizzazione, ma certamente queste situazioni, se corredate da seria documentazione, andranno, doverosamente, valutate. (Il 65,7% della popolazione mondiale ha ricevuto almeno una dose di vaccino COVID-19. Sono state somministrate 11,77 miliardi di dosi a livello globale e ora ne vengono somministrate 6 milioni ogni giorno. Solo il 15,9% delle persone nei paesi a basso reddito ha ricevuto almeno una dose. Our World in Data 23 maggio 2022)

È passato il tempo dell’”andrà tutto bene”. L’illusione di una nuova vera solidarietà verso gli altri, non solo vicini, si è attenuata nel tempo con il progressivo controllo della pandemia, salvo recrudescenze non escludibili. Ed è anche legittimo, naturale, che tutti noi rivogliamo indietro la nostra normalità fatta anche delle nostre piccole abitudini quotidiane e di una certa qual spensieratezza.

E noi medici?

La pandemia ha messo a nudo i nodi strutturali ed organizzativi del sistema ed in specie la drammatica carenza di risorse umane, che c’era da prima, da anni, nella quasi indifferenza della politica e dell’opinione pubblica. Quanti appelli, quante analisi, anche da queste pagine, che ormai si perdono nel tempo, inascoltate.

Noi e tutte le altre professioni sanitarie abbiamo fatto la nostra parte. Dovere, impegno, fatica ed anche errori.

Ma queste sono le opinioni di chi osserva, certo da un punto di vista privilegiato, ma sono pur sempre le impressioni di un gruppo.

Voi come avete vissuto l’era COVID?

Nei prossimi giorni lanceremo un sondaggio on line riservato ai medici bresciani che pubblicheremo sul prossimo numero di Brescia Medica.

È un passaggio importante, oserei dire cruciale. Non abbiamo né il ruolo né la statura per affrontare le nuove complessità etiche e politiche che pandemia e guerra hanno prodotto e produrranno, ma avremo delle coordinate che potranno utilmente informare l’azione dell’Ordine.

Sapendo che in fondo…”l’essenziale era far bene il proprio lavoro” (La Peste, A.Camus).

Ottavio Di Stefano