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UN APERITIVO CON GLI AMICI...COSA VUOI CHE SUCCEDA di Ottavio Di Stefano
lun 25 mag, 2020

 

22 febbraio mi telefona Luca (nome di fantasia, ma storia vera), figlio di un mio caro amico, quarantenne con due figlie piccole, laureato con un lavoro in un contesto ecologico, salutista, sportivo, aperto, colto, attento lettore di libri e quotidiani, e da buon ecologista mi chiede le basi scientifiche del lockdown (in italiano semplice: confinamento).

Spiego l’esperienza cinese dove il confinamento è stato rigido, autoritario visto il regime, ma ha ottenuto risultati importanti sul controllo dell’epidemia. Luca è perplesso e mi lascia dicendomi che l’unico risultato prevedibile sarebbe stato una riduzione dell’inquinamento, in considerazione della caduta della mobilità. E così pensavano i suoi colleghi, poche sera prima, nel consueto incontro per l’aperitivo. Un aperitivo con gli amici….cosa vuoi che succeda?

Insomma non l’avevo convinto.

5 marzo “Luca ha la febbre e dolori muscolari. Sarà COVID.. come si dice?” E’ il mio amico terrorizzato. “Si potrebbe, è giovane e non ha fattori di rischio.” Consigli e rassicurazioni.

Sembra che tutto si risolva in pochi giorni. Luca dopo quattro giorni non ha più febbre. E’ stanco, se ne sta a casa rispettando rigidamente i criteri dell’isolamento. Non ha eseguito test diagnostici. Persistono, nelle tre settimane successive, tosse e astenia intensa.

28 marzo “Luca ha un dolore forte alla base del torace a sinistra. Soprattutto se respira profondamente. Stamane è stato ricoverato…mi ha telefonato: polmonite interstiziale con risentimento pleuritico. Sai gli hanno fatto la morfina. Tampone positivo”

4 aprile: il dolore è pressoché scomparso e la Tac di controllo mostra netta riduzione dell’addensamento. Dimissione e trasferimento in albergo.

8 maggio due tamponi negativi, dopo ripetute positività e ritorno a casa.

24 maggio “Sto meglio, anche se la stanchezza è intensa e mi limita. Ho cominciato a muovermi ed uscire, se pur con fatica, e mi sono spaventato quando ho visto la gente allegra e spensierata, seduta ai tavolini. Avrei voluto raccontare loro, uno per uno, la mia storia, e delle ore in cui l’unico pensiero era per le mie bimbe e mi domandavo: fra qualche giorno le rivedrò o no? E il metro di distanza e la mascherina sotto il mento…? Dimmi che il virus si è attenuato e questi non rischiano quello che ho passato io… e, forse, mi è andata bene. Dimmi che il bastardo se ne sta andando. Sono stanco molto stanco. Maledetto aperitivo”.

Tutti speriamo, inconsciamente, nell’evoluzione darwiniana per cui il virus si adatta all’ospite per sopravvivere, ma ad oggi non vi è alcuna prova scientifica che il virus sia mutato divenendo meno aggressivo.

Le misure restrittive hanno funzionato. Ora tutti, nel periodo di semilibertà, dovremmo mantenerci rigorosi rispettando due dogmi lapidari: mascherina e distanziamento sociale, mentre le istituzioni sanitarie devono individuare tutti, ma proprio tutti i nuovi casi. Così facendo potremo, ragionevolmente, mitigare se non sconfiggere l’epidemia. E qui siamo già in ritardo.

E’ l’unica strada. Le altre strade piene di gente spensierata, nell’accezione etimologica del termine, portano quasi inevitabilmente a questa conclusione: “quando si arriva in un luogo in cui è presente la trasmissione di comunità, non è più possibile eseguire la traccia dei contatti" (JAMA 21 maggio 2020).

Luca è stanco e ci vorrà tempo perché recuperi le forze.  

Di fronte ad un nuovo fronte esteso di malati questi troveranno quelli che li dovranno curare altrettanto stanchi. E allora?

Ottavio Di Stefano
25 maggio 2020