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IO VORREI NON VORREI MA SE VUOI di Ottavio Di Stefano
mar 07 lug, 2020

 

2019


Cammino in un sabato pomeriggio in via San Faustino. Davanti a me una coppia, più o meno miei coetanei. Lui avvolto in una calda sciarpa sopra il loden, lei è di una eleganza discreta, classica.

Chiacchierano e si guardano intorno e sembra proprio che ammirino le facciate delle case, lo scorcio di vicolo del Pozzo. Si fermano curiosi davanti alle vetrine delle macellerie etniche e poi entrano a comperare frutta e verdura in uno dei tanti negozi pakistani? indiani? arabi?

Incrociano ed incrocio tanti visi di colore per lo più giovani, tanti bambini.

Arrivo in piazza Loggia e sento la musica. L’orchestra è proprio sotto la Loggia. Mi siedo. Brani classici talmente famosi che li conosco anch’io. Guardo l’espressione dei miei vicini che è anche la mia. La sensazione è di vivere un momento semplicemente bello, sguardi sconosciuti si incrociano soddisfatti, contenti.

Mi giro verso la piazza.. i portici.. la stele della strage…la torre dell’orologio con i "Màcc de le ure” e la “Bella Italia”…

Ritorno sui miei passi e mi fermo a comperare la frutta poco prima della chiesa di San Faustino. Fra pochi giorni la via sarà invasa da una folla immensa accalcata intorno alle bancherelle della fiera…ero per mano a mio padre sessanta anni fa e ricordo solo il venditore di piatti...  li sbatteva rumorosamente li impilava e non si rompevano mai.

Io vorrei

La mia città, dove cinquecento anni fa è nato l’Hospitale unum magnum et universale, gli Spedali Civili.

E nell’Osteria delle Piantine, vicino a Piazza Vittoria, dove i vetturini,che si ritrovavano per un calice di bianco mentre i cavalli riposavano, iniziarono a trasportare gratuitatamente gli infortunati. Nacque così, nel 1894, la Croce Bianca.

La mia città, dove nel 1903, dodici medici volontari hanno fondato, nel Carmine, un poliambulatorio per i poveri e la loro eredità è l’attuale Polimabulanza.

La mia città dove vivono 36.000 uomini, donne e bambini che vengono da lontano su 200000 abitanti.

La mia città dove si parlano 105 lingue.

Non vorrei

La mia città che vive il problema ambientale e cerca soluzioni, accettando il dibattito franco, stimolato da molte associazioni di cittadini.

La mia città dove la disabilità trova strutture di volontariato e pubbliche che danno risposte di grande valore umano e tecnico, ma non fanno “rete”, come le tante eccellenze sanitarie che non dialogano e non interagiscono in modo sinergico.

La mia città dove noi che curiamo la gente, come in tutto il mondo, viviamo una tecnologia incalzante che  ha fatto e farà un gran bene a chi sta male, ma con lui o lei si parla sempre di meno….come fra di noi.

 

2020

Via Musei e il foro, poi la stradina che svela il teatro romano e arrivo davanti alla Chiesa di Santa Giulia. Incrocio gli occhi sopra la mascherina dei tanti, che come me, si guardano attorno con stupore per questa “quasi normalità”, per questa “quasi quotidianità” ritrovate.

E COVID 19, oltre a un dolore mai vissuto, ci ha fatto riscoprire il senso di uno sguardo. Ci siamo parlati, ci siamo aiutati.

Guardo verso il castello e spero che questo davvero non svanisca….ma.

Eh già

“Sembrava la fine del mondo Ma sono ancora qua Ci vuole abilità Eh già”

“Col cuore che batte più forte…… La vita che va e non va”

“Eh, già

Riprenditi la vita che vuoi tu…. io resto sempre in bilico

Più o meno, su per giù”

Ma …..

“Ci vuole abilità”


L’abilità, la cultura, il rispetto, il valore delle ragioni degli altri fanno  e faranno grande - se vuoi - questa mia città.

Brescia e Bergamo capitali della Cultura 2023