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LA RAGIONE E LO SPIRITO di Ottavio Di Stefano
mar 10 nov, 2020

Alle cinque della sera tutti rincorriamo il bollettino quotidiano dei dati della pandemia e misuriamo la nostra ansia.

Ci spaventa, ci impaurisce la sola idea di ripercorrere i giorni del dolore diffuso e siamo stanchi. Fatichiamo a ritrovare quello spirito di comunità che aveva caratterizzato la nostra azione di fronte all’immane forza di SARS-CoV-2.

Si avvicina sempre di più l’ombra di un nuovo lockdown più restrittivo.

Siamo delusi e arrabbiati per quello che si sarebbe potuto fare e non è stato fatto nei mesi di tregua. Non abbiamo mai smesso caparbiamente di fare proposte. Alcune recepite se pur con lentezza biblica.

Un solo esempio.

L’ambulatorio dove i Medici di Medicina Generale possono inviare i pazienti COVID che, a giudizio clinico,  non ritengono da ricoverare, ma che necessitano di stratificazione del rischio (Valutazione clinica, consulenza infettivologica in loco o da remoto, esami ematochimici, ecografia toracica etc.) che abbiamo proposto in Maggio, con lo scetticismo di molti, non in vero di ATS e ASST, è partito 7-10 gg fa (in via Morelli, area spettacoli viaggianti) gestito da ASST Spedali Civili con la collaborazione di Fondazione Poliambulanza, e funziona. Anche le altre ASST si stanno organizzando in tale senso. Ora, mi dicono, è diventato un modello regionale (sic?).

Altre sono rimaste inascoltate come il potenziamento straordinario e sostanziale della medicina del territorio e dell’ospedale in termini di risorse umane, mediche, infermieristiche ed amministrative.

Per quanto ci riguarda penso agli specializzandi, ai medici del corso specifico per la medicina generale, ai tanti altri medici orfani di un impiego stabile, perché esclusi dall’imbuto formativo.

Eppure, nella prima fase questi giovani hanno dato prova di abnegazione e di sacrificio riconosciuti da tutti. Ed hanno pagato con severe ripercussioni psicologiche. Si sono confrontati, improvvisamente, con il dolore e la morte. Non si sono arresi, e di colpo hanno scoperto il senso del nostro lavoro, non si sono risparmiati. Questo è il nostro patrimonio più prezioso e questo Ordine farà di tutto per preservarlo.

E tutta questa nuova forza non deve essere intesa solo come risposta emergenziale ed estemporanea per affrontare la pandemia.

Fin d’ora dobbiamo pensare alla sanità del futuro.

Questo è il momento di investire in salute, di progettare con “vista lunga”.  

Concedetemi, per un attimo, di uscire dal nostro mondo. Penso alle diseguaglianze socioeconomiche, già gravi, che COVID 19 ha fatto esplodere ed a quanto questa sia una crisi ecosistemica. Non sono osservazioni del tutto estranee al nostro ambito. Sappiamo tutti quanto queste condizioni incidano pesantemente sulla salute.

Ho partecipato a molti tavoli dove erano presenti tutte le sigle sindacali del territorio ed ho sentito critiche severe, ma ho sempre vissuto un dibattito non strumentale, fatto di ragione e buon senso. Vi è stato un vero confronto di opinioni e di proposte. Certo fa male che molte di queste, anche recepite a livello locale, si siano infrante sul muro dei decisori regionali.

Alcune questioni scuotono la nostra comunità.

La campagna di vaccinazione antinfluenzale partita male: le disponibilità contingentate di vaccini, la non chiarezza organizzativa, le difficolta di interazione fra territorio ed ASST. Tutto questo ha portato alla non adesione di una quota rilevante di colleghi che, onestamente, ha difficoltà strutturali ad attuare la campagna nei propri studi. Altre, poche spero, motivazioni del tutto strumentali, non le commento.

E’ quindi indispensabile che ATS ed ASST organizzino le tante sedi messe a disposizione dai Comuni ed altri enti e soprattutto garantiscano risorse infermieristiche e di supporto adeguate.

Recentemente è stato siglato un accordo nazionale fra i sindacati dei Medici di Medicina Generale (favorevoli FIMMG - 63% di rappresentatività - e Intesa sindacale, contrari SNAMI, SMI e con successive dissociazioni di alcune sigle di Intesa Sindacale) e i sindacati dei Pediatri di Famiglia per l’esecuzione, a loro carico, dei test rapidi antigenici da regolamentare con successivi accordi regionali.

Da non esperto, in letteratura si legge che questi test hanno una sensibilità inferiore rispetto al tampone molecolare, che rimane il gold standard per la diagnosi clinica, ma per la rapida disponibilità dell’esito e quindi la facile ripetibilità trovano applicazione sia per lo screening che per situazioni individuali definite (Rethinking Covid-19 Test Sensitivity — A Strategy for Containment Michael J. Mina et al. September 30, 2020 NEJM).

Comunque la si veda è certamente un aggravio del carico di lavoro già elevato per la ripresa dell’epidemia e per l’imprescindibilità, comunque, della cura dei pazienti non COVID.

Nella nostra realtà i tempi di esecuzione e refertazione dei tamponi molecolari sono del tutto congrui, almeno finora, ai fini diagnostici. In un recente incontro sindacale con ATS, cui ho partecipato, tutti i colleghi hanno concordato che, attualmente, non vi sia necessità di implementazione sistemica dei test antigenici rapidi anche in considerazione delle difficoltà organizzative. Ebbene i vertici di ATS hanno fatto propria questa posizione, riservando l’uso dei test allo screening in popolazioni target (RSA, operatori della salute etc.). Ancora, medici e pediatri di famiglia hanno dato la loro disponibilità ad acquisire comunque limitati quantitativi di test da effettuare in situazioni particolari a giudizio clinico.

Ma noi siamo stanchi e vi è un severo, diffuso, disagio nella nostra comunità.

Prevalgono, di fronte alle insufficienze comunicative ed organizzative delle istituzioni, la polemica e le lamentazioni rispetto alla critica costruttiva.

Ma vi sono ancora spazi di intervento e…. di speranza.

La discussione, per esempio, in questo ultimo incontro sui test antigenici si è basata sul confronto di elementi clinici concreti e con argomenti solidi che hanno mutato l’impostazione di chi scrive, ma ciò che più conta, ripeto, ha trovato ascolto, consenso e proposizione nei vertici stessi di ATS.

Un clima che rispetto ai ritardi e alle indecisioni del passato è di assoluto buon auspicio.

Viviamo, però, una ripresa severa della pandemia con prospettive a breve di pesante impegno delle risorse territoriali ed ospedaliere.

C’è ancora molto da fare.

Siamo ancora in tempo perché si attui subito, con le prospettive che prima accennavo, un piano di assunzione straordinaria di medici sia a livello territoriale (i 1500 medici lombardi del corso specifico di medicina generale) che ospedaliero (neo-specialisti e specializzandi) con formule immediate che in periodo di emergenza non possono sottostare alle “normali contorte” procedure amministrative.

Non si tratta, come più volte scritto in queste pagine, di mandare giovani medici allo sbaraglio e di caricarli di responsabilità sproporzionate al loro livello di esperienza e preparazione, ma di riconoscere la loro preziosa attività di affiancamento a colleghi esperti come già avviene, senza ipocrisie, nei tirocini e nella pratica di specializzazione.

Ed infine, ma di primaria rilevanza: riduzione effettiva della burocrazia come più volte invocato. Si pensi solo al sistema di rendicontazione dei vaccini antinfluenzali eseguiti, al macchinoso sistema di inserimento dati dei pazienti COVID 19 ed al nuovo carico per la trasmissione di quelli relativi ai test rapidi. Si impegna tempo medico non compatibile con l’attuale situazione emergenziale. È ovvio che i report di queste attività sono importanti. Ed allora, anche qui, si implementino altre figure professionali (infermieri, personale di segreteria) attingendo anche a personale in quiescenza.

Mi si dirà che “abbiamo già raschiato il barile”.

Forse è vero, ma parlandoci chiaro: sono state proposte condizioni di lavoro ben strutturate e adeguati compensi?

E parliamo di compensi.

Un mezzo di informazione non bresciano (e questo fa onore ai nostri media) ha trasmesso un servizio qualunquista (e mi trattengo) circa la non la coerenza ippocratica della remunerazione (a carico del SSN) riconosciuta ai medici per l’esecuzione di tamponi antigenici. Si tratta di affermazioni talmente risibili che non meriterebbero commenti.

Ma ho un obbligo.

In questi mesi molti medici si sono ammalati ed alcuni hanno perso la vita sul territorio ed in ospedale.

La comunità medica ha mostrato e mostra un livello di impegno ed abnegazione ai limiti delle umane possibilità.

E non posso davvero accettare che questo alto spirito civile di servizio venga solo minimamente intaccato.

Non riescono, nemmeno, ad intaccarlo i pochi di noi che non sono stati all’altezza e per cui provo solo pietas.

Questi scompaiono di fronte ai tanti che hanno lavorato con impegno ed onore e che meritano la giusta remunerazione, che spesso giusta non è.

Ed allora sono davvero orgoglioso dei nostri “medici e pediatri di famiglia ippocratici” che non hanno cercato di accaparrarsi più test antigenici per un facile guadagno, ma hanno preferito l’analisi seria della ragione pensando allo spirito… a ciò che era meglio per i loro pazienti e non per sé stessi.

Spesso la ragione e lo spirito dell'uomo sono riusciti a risolvere ciò che in apparenza era irrisolvibile e noi siamo certi che ciò possa accadere di nuovo (JFK)”

Ottavio Di Stefano
9 novembre 2020