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Resoconto del Forum sulla riforma della sanità lombarda. L'Ordine incontra i componenti bresciani della Commissione Sanità regionale
lun 14 feb, 2022

 

Sintesi dell’incontro di sabato 18 dicembre 2021 nella Sala conferenze dell’Ordine dei Medici di Brescia

Hanno partecipato i consiglieri bresciani della Commissione Sanità regionale Viviana Beccalossi (Gruppo Misto), Claudia Carzeri (Forza Italia), Francesco Paolo Ghiroldi (Lega Nord), Gianantonio Girelli (Partito Democratico), Simona Tironi (Forza Italia, vicepresidente Commissione Sanità regionale), a confronto con il presidente Ottavio Di Stefano, la vicepresidente Luisa Antonini e i consiglieri dell’Ordine dei Medici di Brescia.

Di Stefano: Con l’approvazione della legge 96 “Modifiche al Titolo I e al Titolo VII della legge regionale 30 dicembre 2009, n. 33 (Testo unico delle leggi regionali in materia di sanità)” nella seduta del 30 novembre 2021 del Consiglio Regionale, si è avviata una riforma del Sistema Sanitario Regionale lombardo di grande rilievo e destinata ad incidere in modo sostanziale sugli assetti sanitari e sociali. Questo Ordine ha intrapreso un percorso di studio ed analisi proponendosi come interlocutore con le istituzioni, evidenziando anche le criticità, dal nostro versante professionale, ma ponendosi sempre con spirito costruttivo. Abbiamo prodotto un documento e il 20 novembre scorso si è tenuto un primo convegno sul tema. Questa occasione di incontro con i consiglieri regionali bresciani, componenti della Commissione Sanità e Politiche sociali, è un altro momento significativo di questo percorso. Ringrazio a nome mio personale e di tutto il Consiglio direttivo dell’Ordine i consiglieri che hanno accettato il nostro invito, ringraziamento ancora più sentito sapendo che vengono da un impegnativo e faticoso lavoro di aula per l’approvazione della legge.

Luisa Antonini, vicepresidente Ordine: La legge ha individuato nuove strutture quali Distretto sociosanitario, Case della comunità ed Ospedali della comunità, di cui sono già definiti finanziamento, criteri di collocazione territoriale e numero in relazione alla popolazione. Quali, secondo voi, gli aspetti funzionalmente qualificanti di queste realtà? Come saranno organizzate le Case della comunità, dal momento che il Pnrr non prevede finanziamenti per il personale?

Tironi: E’ stato un lavoro lungo che ha impegnato quasi un anno in Commissione Sanità nell’audizione dei diversi attori coinvolti. Va sottolineato che sulla parte territoriale le differenze rispetto alla legge 23 del 2015 non sono sostanziali: già quella legge prevedeva i Presst e i Pot, era una normativa perfetta sulla carta, ma aveva bisogno di “benzina”, ovvero delle risorse per poterla sviluppare. Oggi le abbiamo, grazie i fondi del Pnrr. E la sfida che dobbiamo affrontare insieme è di “riempire” queste strutture con professionalità che assicurino una presa in carico a 360 gradi del paziente, in termini non solo di risposte sanitarie ma anche di integrazione tra sistema sanitario, socio sanitario e sociale, per portare sul territorio le risposte ai bisogni.
Siamo consapevoli della carenza di medici di medicina generale, Regione può intervenire incrementando le borse di studio ma non può fare tutto da sola, perché gran parte delle scelte pesano sul livello nazionale.
Riguardo alle nuove strutture, il Pnrr ci consente di destinare risorse sul patrimonio pubblico, ma nei prossimi mesi non escludiamo nuovi investimenti per allargare il nostro raggio di azione e portare più servizi sui territori che ne hanno bisogno.

Beccalossi: Il problema delle risorse per i medici è serio ed è presente alla Giunta regionale, che settimana scorsa ha avviato un’interlocuzione con il Governo per chiedere un aiuto: oggi il problema dei problemi è garantire che questi contenitori – Case e Ospedali di comunità – siano popolati da specialisti, perché se non faremo assunzioni di medici di medicina generale, pediatri, ma anche psicologi e altri operatori, l’obiettivo di rafforzare la medicina del territorio sarà più lontano.

Carzeri: Un punto fondamentale della riforma è la nuova individuazione dei Distretti: si potrà arrivare fino a cento Distretti in tutta la Regione, e questo sarà indispensabile per rendere il territorio protagonista.

Ghiroldi: Le Case di comunità dovranno avere un ruolo nell’abbattimento delle liste d’attesa e nella riduzione degli accessi in Pronto soccorso: le risposte offerte sul territorio serviranno anche a snellire questo pressing sugli ospedali, tenendo presente che l’emergenza Covid ha portato a trascurare le prestazioni per le altre problematiche sanitarie. Non va dimenticato, infatti, il tema della cronicità, che interessa il 30% della popolazione lombarda e drena l’80% delle risorse.

Girelli: Io sono l’unico dei consiglieri presenti che ha votato contro la nuova normativa, e sono convinto che il Covid abbia evidenziato come negli ultimi 25 anni, a partire dalla legge 33 voluta da Formigoni, ci sia stata un’involuzione del sistema, con investimenti sugli ospedali a scapito della medicina del territorio, e una crescita della competitività anche tra professioni sanitarie.
Premesso che la discussione sulle Case di comunità avrebbe richiesto percorsi trasparenti con tutti i sindaci, credo che la vera riforma dovremo scriverla da adesso. Considerando che altre Regioni partono avvantaggiate, perché avevano già messo in campo le Case della salute, e non trascurando alcune preoccupazioni: per i Distretti non basta definire il numero di cittadini, ma è necessario assicurarsi di realizzare aggregazioni territoriali coerenti con la storia delle comunità.
Con le figure sanitarie, in primis i medici, è indispensabile confrontarsi: dare per scontato che tutto funzioni senza sedersi a un tavolo con loro è azzardato. Penso in particolare ai medici di medicina generale, che devono tornare ad essere figure centrali (per questo il percorso di specializzazione dei Mmg non può essere considerato inferiore agli altri). E per questo ci deve essere un investimento di risorse non solo da Roma, ma anche in Regione Lombardia, dove gli stanziamenti sono passati da 255 milioni del 2017 a 77 milioni nel 2019.

Giovanni Gozio, consigliere Ordine e Mmg: Un problema centrale finora irrisolto è l’interazione fra territorio e ospedale che tutti auspichiamo. Quali possono essere gli strumenti organizzativi e operativi da prevedere?
In particolare l’Ordine ritiene che la condivisione dei dati sia essenziale per una presa in carico condivisa da tutte le figure che si occupano del paziente, così come il lavoro multiprofessionale e una formazione adeguata e strutturata. Come affrontare questi aspetti?

Beccalossi: I dati che vengono raccolti vanno il più possibile condivisi per facilitare la presa in carico del paziente, e la formazione dei medici deve andare di pari passo con la riforma.
La sanità lombarda si connota per l’equivalenza tra pubblico e privato, secondo quanto previsto dalla legge 33 del 2009. Una legge che rivendico, perché ha stabilito il principio della libertà di scelta per il cittadino, e la possibilità di farsi curare in importanti cliniche private. Oggi le esigenze sono cambiate, sono emerse nuove problematiche come i disturbi alimentari e le dipendenze, e la differenza non è più nella scelta degli ospedali, ma sulle liste di attesa e la possibilità di fare visite ed esami a pagamento: temi che è necessario affrontare con la nuova legge.

Carzeri: Avere implementato la sanità sul territorio favorirà la diminuzione delle liste di attesa. La Regione ha inoltre garantito la massima integrazione tra pubblico e privato, perché assistenza e cura sono servizi pubblici, che li garantisca il privato o il pubblico, e non vorremmo più che la nostra sanità venisse accompagnata da queste polemiche.

Ghiroldi: Una verifica della legge 23 era prevista dopo 5 anni dall’approvazione, e si è accompagnata alla riorganizzazione del territorio prevista dal Governo con il Pnrr: va ricordato che accanto agli 1,2 miliardi stanziati a livello centrale la Regione ha destinato 800 milioni di euro per mettere a sistema quanto previsto dalla nuova legge. Fra i punti qualificanti figurano la digitalizzazione, con investimenti sulla telemedicina che saranno decisivi per territori più impervi come quelli montani, e l’agenda unica, da gestire a livello regionale, che potrà portare a una maggiore sincronizzazione delle richieste, evitando quel 20% di duplicazioni delle prenotazioni in più presidi e mettendo a sistema la gestione delle liste d’attesa per abbatterne i tempi.

Girelli: Degli 800 milioni è opportuno precisare che 76 sono di Regione, gli altri del Piano nazionale. Grazie ai fondi che arriveranno, le Case di comunità dovranno diventare un riferimento per i cittadini secondo modelli flessibili: ciò che funzionerà per i capoluoghi come Milano o Brescia non è detto che possa andare bene per la Valle Sabbia o la Bassa, per questo bisogna ragionare nell’ottica di una rete di servizi che va sul territorio, verso il cittadino, secondo le modalità più adeguate.
Quanto al privato in sanità, nessuno lo mette in discussione. L’equivalenza è ribadita nella legge di riforma, e in Regione sono presenti diversi “player”. Credo però che sia compito del pubblico dettare le regole, indicando strategie, indirizzi, risorse, per non consegnare al mercato il rapporto pubblico-privato. L’obiettivo, oggi, non è tanto far capire ai meno abbienti che possono andare nel privato, ma far comprendere ai ricchi che se vanno nell’ospedale pubblico trovano tutte le risposte di cui hanno bisogno.

Tironi: Il coinvolgimento degli operatori sanitari è stata la base da cui siamo partiti: il testo di legge prevede il consolidamento dei rapporti con gli Ordini, sulla base di strumenti che mettiamo a disposizione delle professioni sanitarie, fra cui anche la telemedicina e un fondo da 5 milioni per quelli che saranno gli ambulatori socio sanitari, attrezzandoli di strumentazioni per gli screening di base per favorire la riduzione delle liste di attesa. In legge abbiamo inserito anche un Comitato di rappresentanza di tutte le professioni sanitarie, che avrà un ruolo di consultazione e di parere obbligatorio sulle proposte del Piano socio sanitario e sugli indirizzi programmatici di Regione.
Riguardo al rapporto pubblico-privato, è anche grazie al privato che la sanità ha raggiunto alti livelli nella nostra Regione. Si parla molto di “competizione”: nella nuova legge sono stati inseriti punti di bilanciamento, con impegni molto specifici per il privato accreditato, che dovrà garantire agende dedicate per la presa in carico del paziente cronico e fragile. E’ prevista inoltre l’applicazione dei contratti collettivi nazionali, e verrà sviluppato un tavolo di confronto per capire dove non arriva il pubblico cosa può dare il privato. Il Richiedei di Gussago, ad esempio, non è stato inserito come Casa o Ospedale di comunità perchè il Pnrr prevede investimenti solo su strutture pubbliche. E le scelte vanno fatte rapidamente per non perdere il treno di queste risorse. Ma il Richiedei farà comunque parte integrante della nostra rete, perché l’obiettivo non è mettere bandierine sul territorio ma rispondere alle esigenze dei Comuni e dei cittadini.
Quanto alla formazione, è uno dei temi centrali, che si collega alla revisione di tutto il sistema degli Ecm -  affinché non venga paragonato a una patente a punti - e all’inserimento del percorso di medicina generale nell’alveo universitario.

Renzo Rozzini, consigliere Ordine e Direttore Geriatria Fondazione Poliambulanza: Che ruolo avrà il privato accreditato nelle Case e negli Ospedali di comunità?

Ghiroldi: Quello che oggi posso intravedere nella norma come forse una delle maggiori attenzioni di gestione all’interno di queste strutture è ciò che è stato riservato ad esempio alle Rsa, che avevano formulato anche delle ipotesi di gestione diretta di Case e Ospedali di comunità. Per motivi anche normativi nelle Case di comunità non possono essere direttamente coinvolte, ma c’è un’apertura su un coinvolgimento che riguarda invece la realizzazione degli Ospedali di comunità. Oggi nell’ambito del privato che è privato sociale, come le fondazioni, che per noi rientrano nel capitolo del privato, all’interno degli Ospedali di comunità c’è la possibilità di occuparsene da parte delle Rsa.

Tironi: Oggi la collaborazione delle Case di comunità con il privato non è prevista. Riguardo agli Ospedali di comunità, invece, si è aperta la possibilità per le Rsa, che possono ospitare questo tipo di struttura da 20-40 posti letto a conduzione infermieristica, con supervisione del medico di medicina generale. Per le Rsa questo può rappresentare una boccata di ossigeno dopo il periodo difficile vissuto in pandemia.

Girelli: Anche in questo caso è necessario mettere in guardia contro il rischio di sviluppare servizi sul territorio non complementari e senza una logica: se non c’è una lettura d’insieme è difficile raggiungere l’obiettivo di un’efficace medicina territoriale, e si rischia di fare i conti con l’eterogeneità di territori molto coperti e altri assolutamente scoperti. Sono convinto, inoltre, che sia necessario introdurre criteri per una maggiore valutazione della qualità delle prestazioni e dei risultati di salute: non si tratta solo di distinguere tra realtà profit e non, ma dell’effettiva capacità di offrire efficaci risposte di salute.

Germano Bettoncelli, consigliere Ordine e Mmg: Ci saremmo aspettati di partire da obiettivi di salute per la popolazione, non dalla definizione degli aspetti strutturali.
Per definire gli obiettivi di salute delle Case di comunità servono i dati, che vanno incrociati con le risorse.
Gli obiettivi di salute che il Sistema sanitario regionale intende raggiungere andrebbero dichiarati, monitorati e forniti di strumenti adeguati al loro raggiungimento. Per questo è necessaria una nuova integrazione multiprofessionale sociosanitaria che potrebbe realizzarsi nelle Case e Ospedali di Comunità. Con quali medici e quale organizzazione? Attingendo a quali risorse, ad esempio, per gli infermieri di comunità?   
Come prevedete di coinvolgere gli operatori sanitari (Ordini, Società Scientifiche, Sindacati, ecc.) considerando che la letteratura ha chiaramente evidenziato che senza questo coinvolgimento le riforme, difficili, dei sistemi sanitari rischiano di non raggiungere gli obiettivi che si intendono perseguire?

Tironi: I servizi che verranno attivati nelle Case di comunità sono elencati nella delibera regionale 5195 dello scorso settembre, in cui vengono specificate le attività sia nelle Case Hub che in quelle Spoke, le ore e i giorni settimanali di presenza dei professionisti e molti altri aspetti. Mentre i dati li abbiamo attraverso Ats, per la migliore programmazione sul territorio.

Beccalossi: Sul territorio è nata una rete che vede coinvolti Ats e tutti i sindaci, anche con una chat per la diffusione di dati aggiornati sulla pandemia, e questa modalità di confronto con i territori è stata istituzionalizzata nella fase di approvazione della normativa, e continuerà ad esserlo nella fase di attuazione. Siamo impegnati nel reperimento di risorse umane, ma ci aspettiamo anche un maggior impegno di alcuni medici, che non sempre lo hanno dato al 100%. Ci sono medici che durante la pandemia hanno rischiato la vita, qualcun altro che è sparito. Non tutti fanno le 8 ore di studio al giorno, e sono una partita tutta nuova da gestire. Questo rappresenta un nodo centrale, dal momento che qualsiasi riforma della sanità deve camminare sulle gambe dei medici di medicina generale.

Di Stefano: Intervengo da presidente di Ordine: alcuni medici di fronte alla pandemia non si sono mostrati all’altezza, sono “pochi e poveretti” come abbiamo più volte scritto. Ritengo, perciò, che siano sbagliate le generalizzazioni, visto l’impegno della grande maggioranza.

Girelli: Io dico meno male che non c’è una domanda successiva, perché avrei timore di cosa dicono i medici a noi decisori politici regionali. Nelle questioni poste c’è la fotografia di un deterioramento del sistema che è avvenuto nel corso del tempo, indipendentemente dal Covid perché questa situazione di grande difficoltà c’era già prima: l’esempio classico è la presa in carico della cronicità e il fallimento di quel tentativo, nato sbagliato perché non si è partiti dalla centralità del medico di medicina generale, così perdendo il senso del suo ruolo.
Anche sulla condivisione dei dati bisogna fare un distinguo, perché il tema non si riferisce ai dati di giornata, ma a quelli d’insieme, come le informazioni che arrivavano dal governo clinico, progetto che a Brescia funzionava bene, ma è stato smantellato e bisognerebbe rimettere in campo.
Il territorio e i sindaci non hanno bisogno di essere informati sul numero di contagi Covid, ma di essere coinvolti nei momenti decisionali, anche con parere vincolante. Ma su questo aspetto non c’è stato il coraggio di decidere, e si è rimasti su un ruolo consultivo.

Anna Giulia Guarneri, consigliere dell’Ordine e specialista in Radiologia: A completamento dei temi affrontati, vorrei lanciare in questa sede un appello sugli screening oncologici: nella nostra Regione sono fatti bene, sarebbe un gravissimo errore spostarne il governo da Ats alle Asst. I risultati finora raggiunti sono molto buoni, non smantelliamo un’organizzazione che funziona.

Di Stefano: Questa è stata un’occasione vera di confronto, di cui vi ringraziamo. Noi riteniamo che il coinvolgimento dei medici debba trovare strumenti ulteriori rispetto a quelli già messi in campo, e da parte nostra ci faremo parte attiva, perché una letteratura ormai consolidata dimostra che il successo di una ristrutturazione del sistema sanitario si ottiene solo se chi lavora nel sistema stesso viene coinvolto.
Noi ci proponiamo anche un’altra cosa che ci sta molto a cuore: i dati. I dati cui ci riferiamo sono i dati degli obiettivi clinici, e ben venga il modello della chat che avete utilizzato per i dati di epidemia, perché si potrebbe testarne una uguale, considerando che a Brescia l’Ats ha una storia consolidata di governo clinico in cui ci sono i dati degli obiettivi raggiunti di salute per le patologie croniche più importanti come BPCO, ipertensione, diabete mellito e molte altre. Temi su cui l’Ordine continuerà a far sentire la propria voce, anche con prossime iniziative.

Antonini: Dopo un incontro ci sono i messaggi da ricordare: la necessità di collaborazione e confronto con i sanitari, con il territorio, con i Comuni. La necessità di sistemare il sistema informatico, che deve funzionare. La necessità di dimenticarsi a volte l’appartenenza politica quando si parla di sanità, per pensare esclusivamente ai pazienti, ricordando che tutti noi siamo o saremo pazienti.

Il video integrale del Forum è consultabile sulla pagina YouTube dell'Ordine