Diario di un medico di campagna

Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della provincia di Brescia

di Germano Bettoncelli, Medico di Medicina Generale

•    Alla fine della campagna vaccinale antinfluenzale 2019-20 avevo la certezza che, come da sempre, avrei partecipato alla successiva campagna 2020-21. Evento tipicamente di pertinenza della medicina generale, ormai da anni consuetudine attesa e gradita dalla maggior parte dei pazienti. In febbraio siamo stati travolti dallo tsunami COVID-19. Sei morti tra i miei pazienti solo nel mese di marzo.

•    Il programma della vaccinazione antinfluenzale di consueto coinvolge la popolazione sopra i 65 anni, i portatori di malattie croniche ed altri soggetti a rischio. Per la mia popolazione di 1500 assistiti qualcosa come circa 500 persone.

•    Il 4 giugno il MinSal emana “raccomandazioni per la stagione 2020-2021” circa la “prevenzione e controllo dell’influenza”. Il documento metteva in luce il rapporto con l’altra malattia: il Covid-19. La ragione era che l’influenza stagionale e il Coronavirus hanno sintomi simili e ridurre la possibilità di insorgenza dell’influenza nei mesi più freddi dell’anno significa rendere più facile ai medici la cosiddetta “diagnosi differenziale”, cioè distinguere se il paziente ha un’influenza o ha contratto il COVID. Si suggerisce anche l’opportunità di iniziare più precocemente la campagna, rispetto agli anni scorsi.

•    Questa volta però c’è un problema: dopo la somministrazione del vaccino i pazienti devono attendere almeno 15 minuti, in presenza del medico, per escludere l’insorgenza di possibili eventi avversi. Come evitare assembramenti potenziali cause di contagio da COVID-19? Il mio studio, seppur di 300 m2 ma condiviso con altri sei MMG e un PLS non è in grado di fornire tutte le garanzie. Nessuna indicazione operativa, se non generica, da parte di ATS.

•    Da settembre i pazienti cominciano a chiedere quando inizierà la campagna vaccinale e le telefonate si fanno sempre più pressanti, con ulteriore intasamento delle linee, già sovraccariche per la gestione dei pazienti COVID seguiti a domicilio. La risposta è che probabilmente inizieremo da metà ottobre.

•    Nel frattempo affronto il problema della sede in cui vaccinare. Coinvolgo il Sindaco di Ospitaletto e organizziamo un primo incontro con i medici del paese, la Protezione Civile, La Croce Verde, l’Associazione anziani. Ci incontriamo ancora 4 volte: alla fine si decide di allestire il palazzetto dello sport che dispone di 400 posti a sedere e spazi adeguati a garantire distanziamento, entrate ed uscite in sicurezza. I medici predispongono ciascuno il proprio calendario vaccinale, distribuito in 2 o 3 sedute ciascuna di mezza giornata. Stampiamo manifesti per comunicare alla popolazione sede e calendario. Le mie saranno il 18, il 20 e il 25 novembre.

•    Arrivano i vaccini. Il 22-10: antipneumococcico 20 unità, antinfluenzale 30 unità. Il 28-10 antinfluenzale 20 unità. Il 04-11 antinfluenzale 30 unità. Il 09-11 antinfluenzale 20 unità. I vaccini antinfluenzali volano via in un lampo somministrati a casa delle persone particolarmente fragili, allettate, compromesse. Il 17-11 mi restano una trentina di antinfluenzali e il giorno dopo aspettiamo al palazzetto dello sport circa 150 persone (convocazioni per lettera alfabetica del cognome). Tensione alle stelle… Il Sindaco tenta pressioni sulla Direzione ATS. Tarda serata del 17-11: arrivano 190 vaccini!!

•    Il giorno 18 prima sessione vaccinale, tutto gira come un orologio: grande soddisfazione della gente, complimenti per l’organizzazione e l’ottimo lavoro dei volontari. Soddisfatto anch’io, sebbene poi mi aspettano cinque ore di studio e la sera un webinar.

•    Nei giorni successivi ancora ansia per l’incertezza della fornitura dei vaccini. Bene comunque la seconda sessione il 20, ma la terza, il 25, si interrompe a metà per fine delle scorte. Un po’ di gente viene mandata a casa. Mugugni e mortificazione dei volontari e dei medici.

•    Ora annuncio di ulteriore fornitura verso metà dicembre. Dovrebbe riguardare persone con più di 60 anni, malati cronici “giovani”, fragili e operatori sanitari. Incrociamo le dita.

•    Intanto sono arrivati i test rapidi. Ma servono veramente? E proprio a Brescia?   
 
1 dicembre 2020